“La vera peculiarità della nostra clinica sarà quella di mettere insieme due dimensioni, quella legale e quella socio-antropologica, per offrire un approccio interdisciplinare ad un tema ampio, la solidarietà. Si tratta di pratiche già diffuse in Europa e negli Stati Uniti, che prevedono percorsi di formazione partecipata, non frontale. Per questo, avremo diversi ospiti, tra cui Ong, perché riteniamo di non dover indottrinare i ragazzi, ma di imparare insieme a loro attraverso le testimonianze di chi la solidarietà la mette in atto nel quotidiano”. Parole della prof.ssa Adele Del Guercio a proposito del laboratorio a sua cura, ‘Clinica antropologica e legale sulle migrazioni’, che partirà il prossimo 14 marzo, per un totale di 12 ore suddivise in sei incontri, rivolto a tutti gli studenti del Dipartimento di Scienze umane e sociali – “stanno arrivando già molte iscrizioni, in particolare dal Corso in Mediazione linguistica”, ha aggiunto la docente. L’origine dell’iniziativa affonda le radici in un progetto Prin del quale l’Università di Genova è capofila. Tra i partners, proprio L’Orientale. Assieme agli Atenei di Parma, Padova e Milano. L’obiettivo “è indagare quali sono le pratiche di solidarietà alle frontiere,sia terrestri che marittime, e la criminalizzazione frequente cui vanno incontro tanto in Italia quanto in Europa”.
Perciò, diventano centrali associazioni, organizzazioni non governative e l’intera società civile: “vogliamo ragionare assieme sulle problematiche del nostro periodo storico. Con ospiti come Mediterranea e Medici senza Frontiere, ci porremo domande sulla negazione dei porti o sullo spedire i migranti, come spesso accade, verso porti distanti, su ciò che avviene nel Mediterraneo e se tutto questo sia conforme alle norme vigenti”. E questo è il punto fondamentale; nonché perno di un dibattito assai polarizzato. Una questione che una certa informazione e la politica hanno distorto, facendola diventare il proprio cavallo di battaglia: sbagliano o no le Ong a salvare i migranti in mare e a portarli nei porti più vicini? La risposta di Del Guercio fuga ogni dubbio: “nel diritto non esistono opinioni personali. Ci sono delle norme che impongono obblighi. Tra questi, quello di prestare soccorso, che ci si trovi in acque internazionali o di altri Paesi. E ogni imbarcazione, qualsiasi essa sia, è tenuta a prestare soccorso”. Dunque una certa propaganda – che vorrebbe le organizzazioni non governative a braccetto con gli scafisti – ha sostanzialmente rovesciato il problema, perché “è non soccorrendo che si commette un reato, non il contrario”. A sostegno della ‘voce del diritto’ ci sono decine e decine di sentenze, a partire dalla Cassazione fino ai tribunali, così come della Corte di Giustizia europea. Questo il dato di fatto: “nessun procedimento si è concluso con la condanna di una Ong. C’è sempre stata piena assoluzione e per un motivo molto semplice. Queste organizzazioni operano conformemente. Addirittura qualche tribunale si è spinto oltre affermando che fosse necessario accoglierli in Italia perché, data la forte instabilità politica della Libia, il rimpatrio avrebbe portato i migranti a subire violenze”. Al primo incontro, di natura introduttiva, ne seguiranno altri più strutturati attorno alle testimonianze delle organizzazioni. Le domande, però, resteranno sempre le medesime: “Quali norme emergono in queste situazioni? Come si applicano? Quali sono invece le criticità per lo sbarco? Noi, come docenti e studenti di Scienze Umane e Sociali, come possiamo contribuire per un’interpretazione corretta delle norme?”, conclude Del Guercio.
Claudio Tranchino