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La cultura nella società contemporanea

La lectio magistralis di Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, all’inaugurazione dell’anno accademico del Dipartimento di Scienze politiche e sociali

«La cultura deve essere quel collante sociale capace di creare sempre comunità». Con queste parole Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani, ha aperto la lectio magistralis dal titolo Il ruolo della cultura nella società contemporanea.

Una lezione organizzata, nell’aula magna di Palazzo Pedagaggi, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del Dipartimento di Scienze politiche e sociali.

«Mi piace richiamare l’intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto nei giorni scorsi alla cerimonia di inaugurazione di Pesaro Città della Cultura, che ha insistito sul ruolo della cultura in un mondo come quello contemporaneo attraversato da molti conflitti e incertezze e grandissimi cambiamenti», ha detto Massimo Bray.

«La cultura deve fare in modo che noi tutti possiamo affrontare le sfide che abbiamo di fronte – ha aggiunto -. Sono sfide tecnologiche di cui parliamo ogni giorno come l’Intelligenza artificiale, ma ci sono anche quelle sociali, e noi dobbiamo avere la capacità di saper conoscere le diverse culture, altre, differenti dalle nostre».

«D’altronde nel nostro Paese sono presenti numerose culture e noi dobbiamo essere capaci di saperle conoscere in qualche misura e al tempo stesso integrarle e confrontarle grazie al valore del dialogo – ha precisato lo storico -. Sono tutte forme di conoscenza che la cultura ci mette a disposizione soprattutto in un paese come il nostro che dall’Umanesimo ad oggi ha saputo mostrare questa capacità di mettere proprio la cultura al centro della nostra attenzione».

«Una cultura che col tempo è diventata sempre più europea come la sognava Erasmo da Rotterdam o “senza barriere” come diceva Benedetto Croce. A tutto ciò occorre aggiungere che nonostante i bassi investimenti da parte dei decisori politici, vi è un ritorno economico pari a nove volte quello investito grazie alla cultura, grazie al patrimonio culturale e alle migliaia di eventi e festival culturali presenti in Italia che creano lavoro», ha aggiunto Bray che ha ricoperto nel suo passato anche il ruolo di ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo nel governo presieduto da Enrico Letta.

«Il lavoro, così come la formazione e la sanità, è un aspetto su cui dobbiamo fare una riflessione profonda, e personalmente ritengo che lo Stato debba investire di più sulle famiglie e dare adeguate risposte ai nostri giovani spesso costretti a migrare all’estero per svolgere anche lavori piuttosto umili», ha aggiunto Bray che in passato si è occupato delle edizioni 2017 e 2018 del Salone internazionale del libro di Torino.

«Sono molto fiducioso nelle future generazioni, il portale Treccani.it è visto da quasi 700mila utenti unici al giorno, nel periodo pandemico oltre 1 milione, e sono soprattutto ragazze e ragazzi tra i 18 e i 34 anni che cercano una fonte affidabile perché la scelta fatta da Treccani di continuare a lavorare sulla qualità dei contenuti, sul valore delle competenze, sulla nascita continua di reti di competenze non solo italiane, ma le migliori esperienze di docenti e ricercatori delle università europee e degli Stati Uniti ma di tutto mondo consente di mostrare un sapere certificato e sicuro», ha precisato.

«Da considerare che abbiamo piattaforme per la formazione nelle scuole e anche per le imprese e all’interno della nostra sede abbiamo anche creato uno spazio dedicato all’Arte contemporanea – ha aggiunto -. A questo sapere le nuove generazioni guardano con attenzione e sicuramente è un segnale positivo. È ovvio che l’innovazione tecnologica rappresenta una rivoluzione per la nostra cultura, ma dobbiamo stare attenti che la risposta dei motori di ricerca è prettamente quantitativa e non qualitativa».

«Noi, invece, abbiamo le capacità per guardare alla qualità, per questo dobbiamo investire sulla formazione e sulla cultura per distinguere il vero dal falso, per riconoscere le fake news – ha sottolineato nella sula lectio -. Il problema del digitale, e dei relativi contenuti, è proprio questo, non vi è una mediazione corretta tra chi conosce e le future generazioni. E per fare questo dobbiamo rivolgersi ai professionisti del tema, come i docenti o i giornalisti, perché occorre riconoscere sempre le fonti di una notizia ad esempio».

«Per questo la cultura deve fare comunità perché lega le università ai centri di ricerca e alle imprese. Lo stesso vale anche per la lingua italiana, non a caso l’osservatorio della lingua italiana è uno dei laboratori più importanti che ci sono in Treccani sin dalle origini, da quasi cento anni – ha detto -. Oggi si registrano non solo le fonti letterarie e normative, ma anche quelle delle canzoni delle differenti espressioni attraverso cui si mostra la forza di una lingua. La lingua italiana è molto viva e capace di aggregare e creare comunità. E a tutto ciò le nuove generazioni sono molto attente».

E in chiusura Massimo Bray ha aggiunto: «Credo che l’Italia del futuro sarà ancora incentrata sulla cultura e sul bello del paesaggio e il patrimonio storico e artistico, sullo sviluppo della ricerca scientifica, sulla riscoperta delle piccole comunità sempre più interconnesse con il resto del Paese così come l’articolo 9 della nostra Costituzione recita. Dobbiamo quindi, come comunità aperta e libera, saper tramandare questo patrimonio culturale alle future generazioni».

In apertura dei lavori la direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Pinella Di Gregorio, aveva evidenziato come «la società di oggi è sempre più invasa da scontri politici, religiosi e sociali che vanno sconfitti valorizzando l’identità culturale e il confronto e il dialogo tra le tutte le parti».

«Abbiamo bisogno di una cultura militante e il ruolo dei dipartimenti, in particolar modo il nostro, e dell’università è proprio quello di essere centri della cultura e della scienza in questa città e in questo territorio, un punto di riferimento per gli studenti e la società a cui dobbiamo trasferire, promuovendoli, il progresso civile e l’inclusione sociale», ha aggiunto.

A seguire la prorettrice Francesca Longo aveva evidenziato come in «questo ateneo il ruolo della cultura è e deve essere sempre al centro del dibattito e deve essere valorizzato». «Sappiamo bene – ha precisato – che la cultura è un concetto che cambia nel tempo e quindi questa nuova società è chiamata ad accogliere e a vincere le sfide che l’innovazione tecnologica pone a tutti noi».

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