L’Alma Mater istituisce ufficialmente al suo interno questa nuova figura professionale: specialisti che accompagnano le ricercatrici e i ricercatori nelle scelte da compiere per la gestione dei dati durante il processo di ricerca, con l’obiettivo di garantire trasparenza e accessibilità
Si chiamano Data Steward: sono i nuovi specialisti che hanno il compito di accompagnare ricercatrici e ricercatori nella gestione dei dati della ricerca, per garantire trasparenza e accessibilità. L’Università di Bologna, che ha istituito questa nuova figura professionale al proprio interno, è stata invitata a presentare la propria esperienza alla prima Italian Tripartite Assembly on the EOSC, che si è tenuta a Roma con la partecipazione della European Open Science Cloud Association, della Commissione Europea e del Ministero dell’Università e della Ricerca italiano.
Per l’Alma Mater hanno partecipato la professoressa Francesca Masini, delegata del Rettore per la Scienza aperta e i dati della ricerca, e la professoressa Monica Forni, rappresentante Unibo nell’European Open Science Cloud Association (EOSC-A).
“L’Alma Mater riconosce già nel suo Piano Strategico il ruolo fondamentale dei dati per migliorare la qualità della ricerca, in termini di trasparenza e accessibilità, e il suo impatto, in termini di disseminazione e valorizzazione”, spiega la professoressa Masini. “È in questo contesto che si inserisce il progetto Data Steward @Unibo, nato con l’obiettivo di creare una squadra di specialisti in grado di seguire il ricercatore in tutto il ciclo di vita del dato di ricerca”.
La figura del Data Steward è nata nel contesto dello spazio europeo della ricerca in risposta a una crescente necessità di riproducibilità della ricerca, di adesione ai principi di Open Science e di gestione FAIR dei dati della ricerca (Findable, Accessible, Interoperable, Reusable). Sulla scia delle esperienze europee, l’Università di Bologna ha quindi introdotto questo ruolo anche in Italia.
“Ciascuno dei nostri Data Steward offre supporto su domini disciplinari specifici – area biomedica, area tecnologica, area umanistica, area sociale – ma ha anche competenze trasversali in materia di gestione FAIR dei dati e di Open Science”, spiega la professoressa Masini. “La squadra diventa così un punto di contatto unico per ricevere indicazioni sulla gestione dei dati della ricerca, capace di coordinarsi con il sistema bibliotecario e con chi si occupa di privacy, di questioni etiche, di trasferimento tecnologico e proprietà intellettuale di gestione dei database”.
I Data Steward guidano le ricercatrici e i ricercatori nelle scelte da compiere per la gestione dei dati durante il processo di ricerca e forniscono supporto alla stesura del Data Management Plan (DMP), un deliverable obbligatorio nei progetti Horizon Europe che descrive nel dettaglio la gestione dei dati, tenendo traccia sia di quello che è stato fatto sia delle attività ancora in corso.
Il progetto Data Steward @Unibo mostra il forte impegno dell’Università di Bologna sul tema dell’Open Science, che si sta sviluppando anche tramite altre iniziative. Alla Tripartita sono stati presentati come poster anche i seguenti progetti, a cui Unibo partecipa, e che contribuiscono alla diffusione dell’Open Science.
Invece il “Strengthening of the Biobanking and Biomolecular Resources Research Infrastructure of Italy” (BBMRI.it), che mira a rafforzare il nodo italiano dell’infrastruttura di ricerca BBMRI-ERIC e i servizi che offre a tutte le biobanche italiane, anche mediante la realizzazione di nuove biobanche tra cui quella dell’Alma Mater.
Il progetto “GraspOS: next Generation Research Assessment to Promote Open Science”, che ha l’obiettivo di sviluppare, valutare e gestire un’infrastruttura federata aperta e affidabile per metriche e indicatori di ricerca di nuova generazione, offrendo dati, strumenti, servizi e indicazioni.
Il progetto RitrainPlus che riunisce Infrastrutture di Ricerca e Università europee per promuovere l’accesso aperto alle infrastrutture scientifiche nazionali ed internazionali in Europa attraverso il potenziamento delle risorse umane.
Ed infine, il progetto “PE5 Changes – Spoke 4: virtual tehcnologies for museums and art collections“, sviluppato nell’ambito del PNRR e incentrato sul patrimonio culturale, per espandere l’utilizzo del digitale nei musei e nelle gallerie d’arte, migliorando così la conoscenza e l’organizzazione degli oggetti museali, l’engagement pubblico, l’accessibilità e l’inclusività.