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Passione, motivazione, concentrazione e tanti interessi alla base di un percorso universitario di successo

Passione, motivazione, concentrazione e tanti interessi alla base di un percorso universitario di successo

I 36 migliori laureati Magistrali della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Desiderosi di imparare e poliedrici, sportivi o socialmente impegnati, hanno saputo trasformare un’ispirazione dell’infanzia o una passione coltivata negli anni in una storia universitaria di successo. Non è solo l’amore viscerale per il proprio studio che accomuna i 36 migliori laureati Magistrali della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base vincitori della prima edizione del premio di Laurea ‘Uno sguardo al futuro’. È, piuttosto, la consapevolezza di avere ancora tanto da imparare, unita al desiderio di trovare il proprio posto nel mondo. Ateneapoli li ha incontrati in occasione della premiazione, tenutasi lo scorso 4 aprile in concomitanza con il lancio della quinta edizione del Career Day di Scuola.

Casertano, Triennale alla Vanvitelli, Nello Floreni (Ingegneria Meccanica per la Progettazione e la Produzione) è approdato alla Federico II spinto dal desiderio di entrare in una realtà “dinamica e sfidante”Così è stato. La Magistrale mi ha proiettato concretamente nel mondo del lavoro attraverso molti progetti di gruppo con le aziende e incontri con i professionisti. E poi è grazie alla frequentazione della Aerotech Academy che ora sono in Leonardo, dove mi occupo di industrializzazione di nuovi prodotti”Difficoltà sostanziali, precisa, non ne ha incontratesalvo forse il primo esame di Gestione della produzione industriale e il periodo del Covid durante il quale mi sono ritrovato a seguire le lezioni da casa, perdendo una possibilità di confronto con i docenti”.


Un nonno ‘ingegnoso’, la disciplina sportiva e la recitazione, i segreti del suo successo: “Il nonno, un agricoltore portato per il lavoro manuale, mi ha insegnato ad affrontare i problemi con un pensiero logico-consequenziale. Quanto al teatro e allo sport, gioco a calcio e ho arbitrato anche delle partite, mi hanno letteralmente addestrato a gestire l’emotività e a tenere alta la concentrazione. Tutte doti fondamentali per un ingegnere.
L’eclettismo è la cifra distintiva dell’esperienza di Ilaria Domenica Iazzetta (Architettura)“Non l’ho scelta per vocazione, ma ragionando per inclusione. A me piacciono tante discipline, dall’arte alla filosofia, dalle materie scientifiche alla letteratura, e l’Architettura le ingloba tutte perché non riguarda solo la parte visiva dell’edificato, ma vede una componente storica e valoriale alla base delle scelte progettuali”.
La sua è una scommessa vinta: “Architettura richiede partecipazione, capacità di fare gruppo e di essere a disposizione del compagno. In pratica è come essere già in uno studio professionale. E in sessione, poi, gli esami si accumulano con ritmi incalzanti. Ancora non dimentico le Tecniche delle Costruzioni”. Curiosa, alla ricerca continua di stimoli, “l’università mi ha portato a coltivare il racconto della mia città e delle sue opere e, infatti, già da quattro anni, sono volontaria di Open House Napoli. Sento un impegno morale nei confronti della mia comunità e ora lo esprimo sul lavoro in uno studio di architettura che si occupa proprio di progetti pubblici”.


È già entrata nel mondo del lavoro anche Alessia Granata (Ingegneria Navale): “In questo momento sto svolgendo un tirocinio in Fincantieri a Trieste, nella divisione navi mercantili. Ho un ruolo nell’ufficio di progettazione, relativamente alle navi da crociera”. 
A pochi mesi dalla laurea dice: “Ingegneria Navale prepara bene. Non ho incontrato esami particolarmente bloccanti, ma è pur vero che ho seguito sempre le lezioni e sostenuto tutte le prove intercorso. Lo studio, parcellizzato in piccoli obiettivi, è sempre fattibile”. Il suo tirocinio terminerà a luglio: “Mi piacerebbe rimanere in quest’azienda o in un settore affine. Poi, chissà, forse in futuro cercherò altre opportunità, magari all’estero”. Galeotto fu il piccolo chimico con il quale “da bambino trafficavo di continuo, affascinato dalle provette” che ha contribuito ad una precoce chiarificazione dell’obiettivo professionale di Mariano Agovino (Biotecnologie Molecolari e Industriali) appassionato di arti marziali e letteratura fantasy. Ovvero: “Indossare il camice ed entrare in laboratorio. Una volta capito questo, lo studio è venuto da sé”. 
Di Biotecnologie, infatti, ha apprezzato la forte componente pratica e le tante ore di laboratorio connesse agli insegnamenti. Il momento più bello è stato proprio chiudere la mia tesi sulle bio-plastiche riuscendo a svolgere da solo gli esperimenti. Lì ho capito di essere finalmente diventato autonomo”.

Ilaria assunta da Bulgari

Eppure, in un percorso brillante, non sono mancati gli scivoloni: “Certi esami mi hanno dato filo da torcere, come Biochimica. Il biotecnologo industriale, però, può collocarsi in tanti contesti perché risponde a svariati problemi della società. E di conseguenza deve affrontare uno studio multidisciplinare, con insegnamenti in cui appaiono anche gli stessi argomenti, ma da punti di vista differenti. L’importante è non perdere il filo”. Il suo di filo è legato alla Novartis di Torre Annunziata “per un tirocinio nel controllo qualità con applicazione sui raw materialcioè le materie prime alla base della produzione dei beni”.


Metodico e un po’ timido, Marco Visone (Ingegneria Meccanica per l’Energia e l’Ambiente) lavora in Enel, nel fotovoltaico, campo a cui si è appassionato “alla Triennale quando abbiamo affrontato il discorso delle rinnovabili e poi perché sono un amante dell’ambiente, soprattutto del mare”.
È alla ricerca di un costante equilibrio: “Nel lavoro do il massimo, anche a costo di sacrificare un po’ del mio tempo libero. Ma ci sono abituato. Ingegneria in fondo non è una passeggiata. Va studiata a strati. Prima si costruisce una solida base con le materie scientifiche, poi si collegano gli esami caratterizzanti, sfruttando le scelte libere per insegnamenti che favoriscono la formazione orizzontale fondamentale per lavorare in team. La complessità sta in questa impostazione, non tanto nei singoli esami scoglio”. Costante del percorso universitario, “l’ansia, una debolezza del mio carattere. Agli esami però, il mio segreto era cominciare ad esporre, mettendo in luce i collegamenti tra gli argomenti in modo da evitare domande più specifiche. E poi c’è lo sport ad aiutarmi. La partita di calcetto del weekend non si tocca”.

Raffaella Di Franco (Ingegneria Gestionale) oggi lavora a Firenze (di cui non può fare a meno di lodare i musei). La sua storia: “Ho svolto prima un tirocinio in Gucci, come product planner, in sostanza chi si occupa della gestione dei prodotti di altissima gamma, e ora, nel medesimo ruolo, sono stata assunta da Bulgari. Ho conciliato la passione per la moda con l’interesse per il mondo della produzione”. 
Due aziende di primo livello, un colpaccio in un settore con un forte sbarramento all’ingresso: “Ha colpito la mia motivazioneAlla Magistrale, ad esempio, complice il periodo Covid in cui non si poteva fare altro che studiare, ho dato parecchi esami in anticipo e così mi sono iscritta contemporaneamente ad un Master a Roma e poi, mentre preparavo la tesi, ho frequentato lo stage. Purtroppo, ho interrotto il pattinaggio”. L’università “va vissuta per imparare, non pensando al voto o alla performance. Al colloquio, soprattutto quando ci si candida senza avere esperienze pregresse, il recruiter è più interessato alla persona dietro il laureato e alle esperienze di vita”.

A differenza dei suoi colleghi, Claudia Panico (Matematica) ha scelto la via della ricerca. “Matematica è la passione di una vita. Dalla scuola l’ho portata all’università e ora sto proseguendo con un dottorato tra analisi numerica, modellistica e fisica matematica. Sono molto contenta. Di recente ho partecipato ad un convegno in Etiopia, un’opportunità non avendo potuto fare l’Erasmus causa Covid”. A suo dire un po’ nerd come i matematici dei telefilm, il segreto per una buona performance: “La passione. Io ne ho pure troppa. Ho sempre messo l’anima nello studio, anche vivendo molto il Dipartimento e diventando una parte integrante della comunità di matematici, piccola ma solidissima”.
Carol Simeoli

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