Giornata federiciana del Dialogo interculturale promossa dal Cla con gli Erasmus incoming
Celebrare la pace e i diritti delle donne. Due tematiche che, accoppiate, si rafforzano a vicenda nella seconda giornata federiciana del dialogo interculturale, promossa dal Centro Linguistico di Ateneo (CLA) e tenuta presso la Chiesa dei Santi Marcellino e Festo il 10 marzo. Ad aprire i saluti la prof.ssa Valeria Costantino, Delegata ai progetti Erasmus della Federico II, che si rivolge alla platea internazionale di una quarantina di studenti. “C’è tanto lavoro dietro questa giornata e dietro tutto il lavoro svolto dal Centro Linguistico”, afferma. La docente preme poi sulla riflessione del collegamento fra il ruolo della donna e ciò che esso comporta rispetto alla pace. Argomenti alla base dei progetti realizzati con impegno dagli studenti federiciani Erasmus incoming, durante i corsi di Italiano L2. A spiegarne esaustivamente il nesso è il prof. Pasquale Sabbatino, Direttore del CLA. “Tra i tanti inferni moderni oggi poniamo l’attenzione su due in particolare: l’inferno della guerra e l’inferno della violazione dei diritti delle donne. Due inferni che si intrecciano tra di loro”, annuncia il professore citando Wole Soyinka, lo scrittore nigeriano premio Nobel per la letteratura 1986. Con riferimento alle tristi realtà della guerra in Ucraina e del regime misogino dell’Iran, due autori italiani soccorrono alla spiegazione: l’Italo Calvino delle “Città invisibili” (1972) e Roberto De Simone con la sua “Gatta Cenerentola” (1976). Predicatori di una manifestazione quanto mai attuale di un mondo giusto, pacifico, nel quale la donna può vivere libera e assumere potere decisionale. “Una manifestazione che oggi vuole levare dalla Federico II, con le voci degli studenti che provengono da ogni parte del mondo, un grido: pace, giustizia, rispetto per le donne”, conclude Sabbatino prima di dare spazio ai veri protagonisti della giornata. “Come iraniano voglio essere la voce dei miei compatrioti che combattono per la libertà e vengono giustiziati o mandati in prigione davanti al governo dittatoriale – dice Shayan, dando il via alla prima delle tre parti in cui si divide il convegno – Gli iraniani, avendo una ricca cultura, sono sempre stati favorevoli alla pace, all’amicizia, alle minoranze religiose e sessuali. Auspico che nessun essere umano sia oppresso e costretto a lasciare la propria patria per la fondamentale richiesta dei diritti umani e che la pace sia sempre stabilita nel mondo intero”. Il suo intervento si chiude con una richiesta di preghiera per il suo Paese. Inneggiamenti alla pace, attraverso simboli artistici e biografie di insigni pacifisti, si succedono nelle rappresentazioni di tanti altri studenti. Da Bansky a Magritte, da Rosa Parks a Rigoberta Menchù. “La guerra suona come esplosioni e morti. Ma il suono più mortale è il silenzio. Parlate di ingiustizia, parlate della violenza, parlate del male. Tutti meritano la pace. Parlate e contribuirete a renderla possibile”, esortano commosse Anastasiya e Daria, ucraine. Una pace che è tuttavia diritto, come sancito dall’Assemblea generale dell’ONU nella risoluzione 33/37, la lettura della quale è preludio alla seconda parte della giornata. Italiano, persiano, berbero, francese, portoghese, russo, lingue diverse che scandiscono un eguale monito: “Ogni nazione e ogni essere umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso, ha il diritto intrinseco a vivere in pace”. Si mettono poi in gioco i ragazzi con una rappresentazione teatrale e musicale diretta dalla prof.ssa Annalisa Castellitti, dal titolo “Il mondo che vorremmo… La pace come celebrazione della dignità e dei diritti delle donne”. Il mondo designato è un mondo in cui la pace, personificata, non riconosce più se stessa, costretta proprio dall’umanità alla stregua di un’ombra, schiacciata sotto il peso della vile ricchezza. È con l’incontro di donne insigni provenienti da ogni parte del globo come Simone Veil, Emilia Parzo Bàzan, Franca Viola, Sabiha Gokcen, Maria Callas e tante altre, che essa lentamente riprende forma e coscienza. “Il teatro è condivisione, altruismo, pace. Se è stato possibile realizzare questa presentazione oggi è proprio perché all’interno di gruppi di apprendimento e insegnamento della lingua italiana c’è pace, c’è unità. I ragazzi si aiutano a vicenda, si impara la lingua insieme e questo è il messaggio che questa manifestazione vuole lasciare”, sottolinea al termine dell’ultima scena la prof.ssa Castellitti. Sullo sfondo appaiono poi pensieri personali, scritti carta su penna dai giovani partecipanti. “Il mondo che vorremmo è un mondo senza violenza e senza guerra. Vorremmo un mondo con meno odio e discriminazione e con più solidarietà. Vorremmo un mondo in cui le persone siano felici e abbiano l’opportunità di vivere la propria vita in pace, come vogliono”, firmano Kian, Kateryna e Eva. Per i saluti di congedo, il prof. Sabbatino esprime una considerazione: “La pace non si raggiunge per magia ma solo se ciascuno di noi, quotidianamente, ogni giorno opera per la concordia comune e i diritti delle donne”. Ciò è stato dimostrato in questo dialogo interculturale dagli studenti della Federico II, capaci, come già riconosciuto da Calvino, di “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio”.
Giovanna Forino