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“Il mondo accademico deve formare i professionisti del domani, ma il mondo lavorativo deve volerli assumere e stabilizzare”

“Il mondo accademico deve formare i professionisti del domani, ma il mondo lavorativo deve volerli assumere e stabilizzare”

Intervista al prof. Paolo Pedone, Presidente del Consiglio Universitario Nazionale

Sebbene nella classifica delle università europee l’Italia sia seconda soltanto alla Germania e i laureati italiani rappresentino alcune delle eccellenze nel mondo, restano numerosi i temi di confronto su cui è a lavoro il Consiglio Universitario Nazionale (Cun), organo consultivo e propositivo del Ministro dell’Università e della Ricerca, alla cui presidenza troviamo – è stato eletto lo scorso maggio – il prof. Paolo Pedone, docente presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche (Distabif) dell’Università Luigi Vanvitelli.

A fronte degli ultimi tre anni che hanno mostrato dati in calo per quanto riguarda i nuovi iscritti, a giugno 2023 le immatricolazioni sembrano tornare a registrare una crescita. “Una vera crisi – dice il prof. Pedone – non credo sia oggi la fotografia del sistema universitario, ma che si stia guardando piuttosto a una sua evoluzione. L’università è stata in grado, con non poche difficoltà, di uscire dagli anni Covid mostrando una sorprendente capacità di resilienza e di adattamento alle situazioni più complesse.
Ciò che temo manchi per un reale decollo del Paese su questo argomento è un fabbisogno di laureati più definito nel mondo del lavoro. I dati dimostrano che la laurea dà maggiori possibilità di lavoro e salario, ma è il mondo del lavoro che deve cercare i laureati. Si è creato un gap che dobbiamo senz’altro recuperare: presentare meglio le figure intermedie, come sono i laureati Triennali, e mostrare i punti forti delle lauree professionalizzanti, che all’estero sono apprezzatissime mentre in Italia tardano a trovare un reale riconoscimento. In altre parole, il mondo accademico deve formare i professionisti del domani, ma il mondo lavorativo deve volerli assumere e stabilizzare”.

Esiste da tempo un supporto vicendevole tra università e aziende territoriali nella profilazione e costruzione di nuovi percorsi di laurea e per il perfezionamento di quelli già attivi grazie ad organi come la Commissione Paritetica e il Comitato di indirizzo, eppure sembra che questo rapporto di collaborazione vada ancora di più attenzionato.

“Se in passato si è motivatamente parlato di definanziamento al sistema universitario, oggi non possiamo più farlo. Il nuovo Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università (FFO) prevede nove miliardi che, insieme al PNRR – Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza, darebbero ottime occasioni di investimento agli atenei”. Tuttavia, è dello scorso maggio il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti che mostra come finora siano stati spesi molti meno fondi del previsto nel finanziamento dei progetti presentati proprio per il PNRR, e le università sono tra gli attori al centro di queste considerazioni. Commenta Pedone: “il PNRR è complesso da gestire ed è innegabile che ci siano dei problemi amministrativi, come però è innegabile che stia portando nuove risorse. Con queste risorse possiamo mirare ad avere nuove infrastrutture e più servizi per gli studenti, ed è questo ciò a cui dobbiamo guardare con ottimismo”.

È poi riconosciuto come la diminuzione di immatricolati non tocchi tutti i settori disciplinari indistintamente, come nel caso di Medicina, Biotecnologie o Ingegneria tra le altre. Eppure, non di soli medici e ingegneri vive il mondo. Oggi si registra la mancanza di 280 mila lavoratori nel settore del turismo. Un settore florido e in costante crescita in Italia, con dati di presenza di anno in anno da record, ma che non sembra riuscire a trattenere sul lungo termine i suoi professionisti.
Sono troppo poche le persone che si laureano in questo settore o il problema lo si incontra nelle assunzioni post-laurea? Secondo il prof. Pedone, la risposta potrebbe essere nel mezzo. “Sempre di più mi pare si stia puntando su un turismo di qualità e, di conseguenza, su persone sempre più qualificate. Che ci sia bisogno di laureati in questo settore è, però, una grande novità del mondo del lavoro. Serve per salire di livello, per offrire servizi migliori, ma rientra tra quei settori che solo di recente, mi pare, stanno guardando ai laureati come a risorse che possono fare la differenza. Manca ancora un po’ di consapevolezza, deve migliorare la conoscenza tra il mondo che forma e quello che assume: se al laureato non offri un mondo del lavoro pronto ad accoglierlo, continuerà a crescere il divario tra persone competenti e posizioni lavorative disponibili”.

Il quadro generale sullo stato di salute del sistema universitario sembra aggravarsi quando si passa a considerare il Sud Italia. Mancano i finanziamenti o manca una visione lungimirante degli investimenti? “Il trend che abbiamo individuato – risponde il prof. Pedone – è che gli studenti si spostano verso le università del Nord per la scelta della Magistrale e la ragione non è solo legata alla qualità degli Atenei, anzi. Molti giovani si spostano perché la fase di vita post triennale bene si presta a questa esperienza, e lo fanno verso territori più competitivi anche in termini di offerta lavorativa”.

Una delle possibili risposte a questa tendenza è il progetto, che avrà avvio dal prossimo anno, di un Erasmus nazionale per facilitare la mobilità degli studenti in Italia durante il periodo accademico senza necessariamente trasferirsi per l’intera durata del percorso. La novità è stata da poco annunciata dalla Ministra dell’Università Anna Maria Bernini che il Presidente del CUN commenta così: “Noi che viviamo i territori e gli Atenei del Sud Italia dobbiamo fare l’impossibile per non perdere i nostri laureati, non solo per il sostentamento del sistema universitario, ma per le competenze di cui i territori hanno assoluto bisogno”.

Con uno sguardo critico verso il Mezzogiorno, sembra invece mancare la consapevolezza che per risolvere il divario economico tra Nord e Sud serva investire su una crescita di qualità in loco, con i propri laureati e le proprie risorse. “Ogni Paese è il Sud di qualche altro Paese – ironizza Pedone – e questo significa che se un piccolo territorio come l’Italia non riesce ad essere attrattivo tutto, non riuscirà mai ad essere competitivo a livello globale”.

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