L’esposizione a queste sostanze chimiche artificiali, ampiamente utilizzate, viene conservata a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, con effetti cancerogeni e conseguenze negative sulla fertilità, sulla risposta immunitaria e sull’accumulo di lipidi.
Si chiamano PFAS, sostanze perfluoroalchiliche: sono composti chimici ampiamente utilizzati per le loro capacità di resistenza e proprietà ignifughe. Ma sono anche da tempo sotto indagine per gli effetti negativi che la loro persistenza nell’ambiente produce sulla salute di animali e persone.
Un’analisi comparativa trascrizionale ha ora confermato che gli effetti dell’esposizione ai PFAS vengono conservati a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie, e produce conseguenze sia nell’uomo che in altre specie animali.
“Dalla nostra analisi abbiamo identificato diversi geni che mostrano una risposta trascrizionale coerente ed evolutivamente conservata ai PFAS”, dice Federico Manuel Giorgi, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.
“Questi risultati mostrano che diverse molecole di PFAS influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario”.
I PFAS, composti chimici molto resistenti, ignifughi e idrorepellenti, sono utilizzati da oltre 60 anni in rivestimenti antiaderenti e schiumogeni antincendio. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) fa rientrare all’interno di questa categoria 4.730 diverse molecole, rendendo questo gruppo la più estesa famiglia di inquinanti emergenti.
A causa della loro alta stabilità molecolare, infatti, questi materiali finiscono per diffondersi ampiamente nell’ambiente, dove possono permanere per anni.
I PFAS si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani.
Nonostante queste evidenze e le conseguenze negative dei PFAS per la salute umana messe in luce, ad oggi non era stata realizzata un’analisi di tutti i dati raccolti sul tema.
Gli studiosi hanno quindi raccolto 2.144 campioni di sette diverse specie animali per esaminare le risposte a livello molecolare dell’esposizione ai PFAS.
“Il nostro obiettivo era evidenziare gli effetti molecolari indotti dai PFAS su varie vie molecolari e tipologie cellulari.
La nostra ricerca offre una visione completa dei meccanismi molecolari alla base della tossicità dei PFAS.“
I risultati ottenuti confermano infatti una serie di effetti negativi sulla salute prodotti dall’esposizione ai PFAS.
Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.
I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro. I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne.
Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario. I ricercatori hanno infatti messo in luce il meccanismo che potrebbe spiegare l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni.
L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche.
Attraverso l’analisi bioinformatica dei dati, gli studiosi sono riusciti ad analizzare ulteriormente le conseguenze dell’esposizione ai PFAS attraverso la previsione dei loro effetti sul metaboloma.
“Questo studio è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.
Con implicazioni significative per la comprensione dell’impatto dell’esposizione di queste sostanze sugli organismi viventi e sull’ambiente”, conclude Giorgi. “Riteniamo che i risultati ottenuti possano offrire una nuova prospettiva sulle risposte molecolari all’esposizione ai PFAS.“