L’Orientale. Un seminario sul contesto politico che fa da sfondo alle elezioni presidenziali statunitensi
Ormai ci siamo. Tra poco meno di un mese il mondo conoscerà il nome del prossimo Presidente degli Stati Uniti. Stando a sondaggi ed esperti, la battaglia tra Kamala Harris e Donald Trump sarà all’ultimo voto – conteranno soprattutto i cosiddetti ‘Swing States’. Quelle del 5 novembre si prospettano elezioni con un peso specifico enorme. Aborto, inflazione e immigrazione sono i principali temi interni, mentre sul piano internazionale l’agenda USA – e quelle di mezzo mondo – è presa dalla grande instabilità del Medio Oriente dovuta al conflitto israelo-palestinese e al coinvolgimento di Libano e Iran, nonché dalla guerra tra Russia e Ucraina nei pressi di casa nostra che continua ad oltranza.
La complessità di questi scenari ha spinto il team del Dottorato di ricerca in Studi internazionali di Scienze umane e sociali de L’Orientale a organizzare un seminario ad hoc previsto per il 22 ottobre che sarà suddiviso in tre sessioni, due mattutine e una pomeridiana, a cui seguiranno momenti di dibattito e confronto. Lo scopo è proporre un’analisi articolata del contesto politico che fa da sfondo alle presidenziali statunitensi e “offrire ai partecipanti un quadro delle elezioni dal punto di vista domestico e internazionale”, ha detto ad Ateneapoli il prof. Matteo Pretelli, docente di Storia dell’America del Nord.
Che prenderà parte proprio alla prima sessione, durante la quale “si parlerà dei temi forti interni della campagna elettorale con il contributo di diversi docenti de L’Orientale e in particolare del prof. Mattia Diletti, noto politologo della Sapienza, che si soffermerà pure sugli Stati in bilico”. Successivamente, nella seconda parte del seminario, “ampio spazio sarà dato alla questione mediorientale e al relativo impatto delle presidenziali statunitensi”. Toccherà alle politologhe Irene Costantini e Ruth Hanau Santini, nonché ai professori Rosario Milano e Gabriele Natalizia, ospiti da Bari e Roma, che parleranno rispettivamente di ‘Iran e delle possibili politiche a stelle e strisce per il Medio Oriente in caso di vittoria di Trump o Harris’. L’atto conclusivo della giornata coinvolgerà tanti docenti de L’Orientale, nel pieno rispetto del suo spirito internazionale, “per capire come America latina, Russia, Cina e UE guardano alle elezioni per la Casa Bianca”.
Economia, aborto e immigrazione
Professore, iniziamo dai temi di questa campagna elettorale. Quali sono?
“A livello interno di sicuro l’economia, con l’inflazione che sta avendo un impatto importante sulla vita di tanti cittadini. Poi l’aborto. Tempo fa la Corte Suprema ha posto fine alla tutela federale per l’interruzione di gravidanza: resta aperto, quindi, il tema relativo ai diritti riproduttivi che riguarda trasversalmente tutta la popolazione – molti repubblicani che sostengono Trump non sono così simpatetici rispetto all’iniziativa della Corte Suprema. C’è battaglia anche sull’immigrazione, qui Kamala Harris appare debole, perché la pressione dei flussi migratori alla volta del confine meridionale non è diminuita. Sul piano internazionale i temi sono il Medio Oriente, la guerra in Ucraina e naturalmente i rapporti con superpotenze come Cina e Russia”.
Ci sono differenze rispetto alle elezioni del 2020?
“Trump ha proposto tutta una serie di idee che richiamano potenzialmente una svolta autoritaria, non dimentichiamo che nel gennaio 2021 i suoi seguaci hanno tentato un colpo di Stato (il riferimento è l’assalto a Capitol Hill, ndr). C’è una certa paura in questo senso, qualora dovesse vincere. Linee di continuità, invece, si possono rintracciare nella forte polarizzazione politica e sociale: gli elettorati sono molto concentrati sul proprio candidato con poche possibilità di oscillazioni, i voti indipendenti sono sempre meno. Stavolta si combatte su una manciata di preferenze in alcuni Stati in bilico”.
Già, i cosiddetti ‘Swing States’. Quali sono?
“Il Michigan, per esempio. Lì vivono molti musulmani americani, e potrebbero risultare particolarmente importanti. Così come in Georgia c’è una commissione elettorale fortemente filo trumpiana che ha già promesso battaglia nel caso in cui il tycoon dovesse perdere, proponendosi di riconteggiare i voti, cosa che posticiperebbe l’esito finale di alcune settimane. Una situazione non ben definita anche in Arizona, Nevada, North Carolina”.
La staffetta tra l’uscente Biden e la sua vice Harris è stata una mossa giusta per i democratici?
“La Harris ha portato freschezza, sebbene abbia dimostrato di essere debole a livello retorico già nel 2020 quando si candidò alle primarie democratiche. Biden sembrava destinato alla sconfitta, lei ha dato nuova linfa ai democratici che sembravano spacciati, ha rivitalizzato certi segmenti dell’elettorato come i giovani. Ma è vero pure che ha mantenuto posizioni ambigue su determinati argomenti: mostra empatia per le condizioni dei palestinesi e continua a supportare Israele. Non c’è alcuna certezza di vittoria, questo è bene ribadirlo”.
E su Trump?
“Beh, sembra un po’ vittima della sua stessa narrazione sempre più radicale e tesa a mobilitare la base. Bisognerà capire se questo racconto riuscirà a conquistare quei già citati pochi voti indipendenti”.
Elon Musk ha dato il suo appoggio proprio a Trump, affiancandolo tra l’altro a un comizio nella città di Butler, dove l’ex Presidente ha subito un attentato lo scorso luglio. Quanto peso possono avere personalità del genere sull’opinione pubblica e sul voto?
“Tanto. E ci metterei sull’ago della bilancia pure quelli del mondo dello spettacolo. Penso a Taylor Swift e al suo endorsement alla Harris. La cosa è risultata a tal punto noiosa ai repubblicani che i seguaci di Trump hanno creato una notizia falsa con l’Intelligenza Artificiale secondo la quale la Swift lo sosterrebbe. Ad ogni modo è indubbio che questi personaggi spostino voti, soprattutto dei giovani. E lo stesso fanno anche i social, attraverso i quali è molto facile trasmettere fake news. In generale sembra che un po’ tutte le categorie di elettori abbiano meno voglia di informarsi e credano a prescindere a ciò che viene detto loro dal politico per il quale parteggiano. La materia è scottante, e condiziona la democrazia”.
Claudio Tranchino
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