Si è conclusa a Seul la conferenza internazionale promossa dall’associazione coreana Kame a cui ha partecipato Agostino Portera direttore del Centro studi interculturali Univr
La formazione scolastica in rapporto all’intelligenza artificiale, per garantire equità e giustizia sociale a livello tecnologico. Di questo si è discusso a Seul in occasione della conferenza internazionale “Embracing diversity: reimagining multicultural education in the age of artificial intelligence”, organizzata dall’associazione coreana The Korean association for multicultural education (Kame). Docenti provenienti da 19 nazioni diverse si sono confrontati su questi temi e sugli sviluppi futuri dell’educazioni e della didattica. Presente all’incontro anche Agostino Portera, docente del dipartimento di Scienze umane e direttore del Centro studi interculturali dell’università di Verona.
- Professore Portera, cosa ha significato per lei la partecipazione a questa conferenza internazionale?
Sinceramente per me non è stato solo un riconoscimento sul piano professionale, ma anche una grande opportunità per divulgare idee e concetti su cui lavoriamo da anni, ossia principalmente l’educazione interculturale e le competenze interculturali. E poi ricevere così tanta approvazione e supporto a livello internazionale è stato incoraggiante.
- Che cosa è emerso nel corso dei 3 giorni in Corea?
Nel corso dei giorni vissuti in Corea ho avuto l’opportunità di interagire con tanti e tante docenti e ricercatori da tutto il mondo. Ho provato un po’ di disappunto sul piano internazionale poiché molte ricerche sono ferme nei concetti degli anni Sessanta e Settanta, in cui, ad esempio, sono ancora impiegati termini come razza. E non solo negli Stati Uniti ma anche nei Paesi asiatici. Oppure il modello principale viene visto ancora in quello multiculturale, ossia la conoscenza reciproca e nel rispetto, che sicuramente sono elementi fondamentali per gli esseri umani, ma, come dice l’approccio interculturale, bisogna andare oltre, dove e quando è possibile.
Bisogna provare a iniziare un rapporto dialogico e interattivo, basato sull’incontro, sul dialogo e anche sulla gestione dei conflitti. Si pensi ad esempio che uno dei relatori principali proveniente dalla California che ancora parla di ethnic studies, nominando più volte la popolazione asiatica-americana. Come si fa a pensare un gruppo omogeneo di persone e definirle come asiatiche-americane?
- Quali collaborazioni future potranno nascere a livello internazionale per il nostro ateneo?
Sicuramente potranno nascere accordi di collaborazione da un punto di vista degli studenti e studentesse per la mobilità internazionale, ma anche accordi su ricerche e anche lauree congiunte. Dipende da noi come ateneo e dipende da loro. L’università coreana che mi ha invitato, Seul National University, è tra le più prestigiose fra i paesi asiatici e nel mondo. Viene paragonata ad Harvard e questo significa una grande opportunità per il nostro ateneo.