È stato presentato all’Università di Trieste il progetto Wastereduce, che coinvolge Croazia e Italia nell’ambito del VI programma di cooperazione territoriale europea Interreg 2021-2027.
Il progetto green, della durata di due anni e mezzo, vede la collaborazione di istituti di ricerca, amministrazioni locali, agenzie di protezione e gestione dell’ambiente e delle risorse naturali, organizzazioni non-governative e società di servizi con l’obiettivo di migliorare la gestione dei rifiuti nelle aree protette e nei siti della Rete Natura 2000: l’iniziativa intende implementare azioni congiunte per contrastare con metodi di rilevazione e intervento innovativi il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti.
Sono otto i partner – espressione dei territori del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e dell’Istria, che partecipano al progetto: l’Istituto per l’Agricoltura e il Turismo di Parenzo, capofila del consorzio, il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, la Regione Istriana, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto, l’Ente gestore delle riserve naturali della regione istriana “Natura Histrica”, l’Associazione per la Natura, l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile “Sunce” con sede in Croazia, ETRA SpA – Società benefit con sede a Bassano del Grappa (Treviso) ed Etifor – Valuing Nature spin off dell’Università di Padova.
Wastereduce, finanziato per oltre 1.6 milioni di euro dall’Unione Europea, nasce in risposta ai recenti allarmanti dati forniti dalla Comunità Europea che prevedono, in uno scenario di tipo “business-as-usual”, l’aumento entro il 2040 di quasi tre volte il quantitativo di rifiuti in plastica che verranno immessi negli ecosistemi acquatici, passando dalle attuali 9-14 milioni di tonnellate all’anno (dato del 2016) a una previsione di 23-37 milioni di tonnellate all’anno.
Si calcola che circa l’80% di questi rifiuti dispersi in mare provenga dalla terraferma: rifiuti che entrano nell’ambiente marino da fonti terrestri (ad esempio, rifiuti gestiti in modo inadeguato nelle discariche, l’abbandono dei rifiuti sulle spiagge e nelle aree costiere; il deflusso dei fiumi; il turismo costiero) ma anche direttamente smaltiti in mare (ad esempio attraverso lo scarico illegale o rilasciati accidentalmente in mare da parte delle navi).
Questi materiali, soprattutto in plastica, sono responsabili di gravi danni economici, impattando le comunità costiere, il turismo, la navigazione e la pesca, ma anche responsabili di danni causati alla salute dell’uomo e alla biodiversità, impattando sulla salute pubblica e sulle risorse come l’acqua potabile.
L’approccio che il gruppo di lavoro svilupperà mira a minimizzare le pressioni esercitate dalle attività umane sulle aree protette e sui siti Natura 2000, proponendo soluzioni per ridurre la dispersione nell’ ambiente di rifiuti e, sviluppando meccanismi di cooperazione transfrontaliera atti a monitorare e identificare le aree critiche in cui l’accumulo dei rifiuti richiede uno sforzo gestionale puntuale. In modo complementare, si interverrà con studi specifici di psicologia comportamentale per capire come promuovere un cambio di abitudini da parte di chi fruisce le aree protette e che, consapevolmente o inconsapevolmente, si rende complice di azioni fortemente impattanti sull’ambiente.
Secondo la Dott.ssa Barbara Sladonja dell’Istituto per l’Agricoltura e il Turismo di Parenzo, coordinatrice del progetto, Wastereduce ha l’obiettivo di coinvolgere fin da subito quante più realtà territoriali, istituzioni e singoli cittadini in grado di contribuire attivamente a supportare il cambiamento della nostra società verso un futuro più sostenibile e a basso impatto ambientale”.
Altamente rilevante sarà l’utilizzo di tecnologie avanzate che, grazie anche alle immagini satellitari, permetteranno un’analisi territoriale necessaria per ottimizzare i punti di raccolta dei rifiuti. “Una sfida importante che affronteremo sarà capire in che modo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrà supportare i sistemi di monitoraggio da remoto per tenere sotto controllo l’accumulo di rifiuti nelle aree di pregio naturalistico”, sostiene il Prof. Giovanni Bacaro, docente di Botanica Ambientale ed Applicata dell’Università di Trieste, referente del progetto per il Dipartimento di Scienze della Vita.
Fondamentale per la riuscita del progetto sarà infine il coinvolgimento dei cittadini a vari livelli, cittadini su cui si concentreranno le azioni di educazione e sensibilizzazione. Grazie al loro feedback, inoltre, saranno indirizzate le nuove politiche di gestione dei rifiuti da parte degli enti preposti e partner del progetto che, secondo le attese, si dovranno tradurre in azioni concrete per ridurre, mitigare ed evitare l’inquinamento da rifiuti delle nostre riserve naturali, dei nostri fiumi e dei nostri mari. Risultato non secondario sarà anche aumentare l’attrattività per i visitatori delle riserve naturali, migliorando così il valore dell’offerta turistica dei territori coinvolti.