L’infanzia negata

L'infanzia negata

Cresce il numero dei minori stranieri non accompagnati. Chi si prende cura di loro? Se ne parla il 3 novembre a Giurisprudenza

Arrivano da paesi in guerra, fuggono da condizioni di povertà assoluta, spesso vivono esperienze traumatiche. Parliamo dei minori stranieri non accompagnati. Bambini e bambine senza genitori al loro arrivo in Italia. Persone alle quali è stata sottratta la leggerezza dell’infanzia. In che modo vengono tutelate nel nostro Paese? Se ne parla in un convegno il 3 novembre. Abbiamo intervistato Marta Tomasi, professoressa associata in diritto pubblico comparato alla Facoltà di Giurisprudenza.

Chi sono i minori stranieri non accompagnati? Quanti ne accoglie l’Italia e quanti sono ospitati in Trentino Alto Adige?   

I minori stranieri non accompagnati rappresentano una categoria di persone eterogenee, accomunate dalla minore età e dal fatto di vivere una situazione di vulnerabilità. Secondo i dati più recenti della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali aggiornati al 30 giugno 2023, quelli censiti in Italia a giugno di quest’anno sono 20.926. Sono in maggioranza maschi e hanno per la maggior parte tra i 17 e i 15 anni. I paesi principali di provenienza sono l’Egitto, l’Ucraina, la Tunisia. Le Regioni che ne accolgono il maggior numero (circa il 60% del totale) sono Sicilia, Lombardia, Emilia-Romagna e Calabria. Nelle Province autonome di Trento e Bolzano, i minori stranieri non accompagnati presenti sono, rispettivamente 103 e 64. Numeri in continuo aumento

Numeri che raccontano di persone: che storie generalmente hanno, che viaggi affrontano per arrivare da noi? 

È una domanda alla quale è difficile rispondere. Dietro i dati stanno le storie delle persone, traiettorie geografiche e biografiche, differenti per motivazioni, sviluppi, fortune e approdi. Storie che sembrano, però, essere sempre profondamente sofferte. L’unico dato oggettivo è quello del percorso. La maggior parte dei minori provenienti da Ucraina, Albania, Kosovo, Turchia, Afghanistan, Marocco e Algeria è verosimilmente entrata percorrendo la rotta balcanica, mentre i minori provenienti dall’Africa subsahariana e dalla Siria (ma anche da Egitto, Tunisia e Pakistan) sono sbarcati attraversando le rotte del Mediterraneo.

Che diritti hanno? Chi si prende cura di loro?

In Italia nel 2017 è stata introdotta la legge numero 47 del 2017, interamente dedicata a queste persone. Prevede che siano “titolari dei diritti in materia di protezione dei minori a parità di trattamento con i minori di cittadinanza italiana o dell’Unione europea”. Il divieto di respingimento alla frontiera e di espulsione dal territorio italiano. Forme di accoglienza in strutture governative ad alta specializzazione. Inoltre, la legge offre come soluzione preferenziale quella dell’affidamento familiare e introduce lo strumento dei tutori volontari, privati cittadini adeguatamente formati, disponibili ad assumere la loro tutela.

Sulla carta il quadro sembra completo. Ma il sistema funziona?

Il problema cruciale, che riguarda un po’ tutto il diritto delle migrazioni, è lo scollamento fra teoria e pratica. Un dato positivo è che i posti per i minori stranieri non accompagnati nel sistema di accoglienza, organizzato a livello locale, sono aumentati nel corso degli anni (tra il 2016 e il 2021 si è passati da circa duemila a oltre seimila posti). Permangono, però, alcuni evidenti problemi. Il primo è legato al significativo numero di minori stranieri non accompagnati che ancora vivono in strutture di prima accoglienza, dove la permanenza dovrebbe essere brevissima. In secondo luogo, un recente intervento del governo ha attribuito al prefetto, in alcuni casi, il potere di sistemare coloro che “ad una prima analisi” appaiano di età superiore ai 16 anni, in centri per adulti per un massimo di 90 giorni.
Inoltre, bisogna segnalare la insoddisfacente implementazione degli strumenti dell’affidamento familiare e dei tutori volontari, ancora pochi. 

Oggi al centro del dibattito c’è proprio il tema dell’incertezza dell’età e quindi della loro collocazione.

La legge del 2017 aveva provato a tracciare alcuni punti fermi rispetto a tale questione. L’accertamento dell’età, secondo la normativa, doveva essere disposto solo qualora sussistessero “dubbi fondati” circa la minore età, con modalità meno invasive possibile e rispettose della persona. Qualora l’accertamento non consentisse di fugare i dubbi, la minore età era presunta ad ogni effetto di legge. All’inizio di ottobre, tuttavia, è entrato in vigore un nuovo decreto che apre un varco nel quadro di garanzie previste, introducendo la possibilità di svolgere l’accertamento dell’età con rilevamenti radiografici, in riferimento ai quali, già 5 anni fa, una commissione di inchiesta parlamentare aveva evidenziato i consistenti margini di errore, fino a 2 anni.

Qual è il contributo della ricerca accademica e dell’Università di Trento per il loro benessere e la loro integrazione?

Quelli dei minori stranieri non accompagnati sono spesso problemi pratici, legati alla quotidianità di storie individuali complicate. La ricerca giuridica, però, insieme ad altre discipline, può dare il proprio contributo affinché le normative rappresentino luoghi di promozione di soluzioni virtuose orientate alla tutela dei diritti dei più vulnerabili, piuttosto che fonti di paludamenti burocratici. Per rispondere alla logica costituzionale che vuole la persona al centro e la tutela dei minori di età prevalere su qualunque altro interesse. 

 

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