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Alla ricerca dell’equilibrio tra economia, energia ed ambiente

In un’epoca di crescenti preoccupazioni climatiche, la necessità di bilanciare sviluppo economico, domanda energetica e tutela ambientale non è mai stata così pressante. Governi, aziende e cittadini si trovano a confrontarsi con sfide complesse per trovare soluzioni che possano soddisfare le esigenze attuali senza compromettere il futuro.

In questa intervista a Massimo Beccarello, docente di economia applicata presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia Di.SEA.DE, esploriamo le intersezioni tra questi tre pilastri, analizzando strategie, difficoltà e prospettive per un mondo più sostenibile.

Professor Beccarello, quali sono secondo lei oggi le principali sfide che dobbiamo affrontare per bilanciare crescita economica e tutela ambientale?

La sfida principale sarà la capacità del nostro continente di trovare soluzioni tecnologiche coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione. L’Europa e l’Italia sono aree caratterizzate da sistemi produttivi di trasformazione con una disponibilità limitata di materie prime. La sfida tecnologica è duplice: da una parte, è necessario disporre di tecnologie in grado di decarbonizzare i settori industriali esistenti a costi efficienti, evitando delocalizzazioni e fenomeni di carbon leakage ambientali, con i quali le aziende trasferiscono la produzione verso paesi con normative ambientali meno rigide, portando a uno spostamento delle emissioni di CO2 anziché a una loro riduzione; dall’altra, occorre sviluppare nuova capacità produttiva nella produzione di tecnologie verdi, come richiesto dal Net Zero Industry Act, che l’Europa ha adottato in questi giorni in risposta alla strategia americana dell’Inflation Reduction Act.
Rimane il tema delle materie prime critiche per la produzione delle tecnologie verdi, con il rischio che la storica dipendenza energetica dell’UE si trasformi in dipendenza di materiali, come abbiamo visto in relazione alla politica adottata con il Critical Raw Material Act.

In che modo le politiche energetiche possono contribuire a uno sviluppo sostenibile?

La politica energetica e la decarbonizzazione dei vettori e delle commodity energetiche sono centrali in tutte le politiche comunitarie. Sicuramente stiamo vedendo i progressi più rilevanti nel settore elettrico, vettore energetico centrale nella nuova strategia che l’Europa ha adottato con il pacchetto ‘Fit for 55’. In questo settore, il ruolo della produzione di energia elettrica rinnovabile è atteso superare il 70% entro il 2030. Progressi importanti si stanno registrando nello sviluppo dei biocombustibili e del biogas, quest’ultimo fondamentale soprattutto per la decarbonizzazione del settore dei trasporti e dei settori industriali chiamati hard to abate come ad esempio la produzione di acciaio, l’industria del cemento e l’aviazione commerciale che sono settori dove risulta particolarmente difficile ridurre le emissioni e sono necessarie tecnologie avanzate.

Credo però che su questo fronte il nostro Paese debba fare di più in termini di pianificazione e di semplificazione dei processi autorizzativi. La programmazione del Piano Energia e Clima al 2030 prevedeva che il Governo, insieme alle Regioni, avrebbe adottato un provvedimento legislativo per indicare le aree idonee allo sviluppo degli impianti. Purtroppo, dopo oltre due anni, sembra ancora tutto fermo con effetti non secondari in termini di costi.

Come possono le aziende contribuire a un equilibrio sostenibile tra economia, energia e ambiente?

Le aziende devono investire molto sia nella riqualificazione dei processi produttivi in relazione agli obiettivi di sostenibilità, sia nell’innovazione di prodotto in relazione agli obiettivi di economia circolare. Questo significa adottare strategie di efficientamento energetico e un maggiore ricorso alle energie rinnovabilielettricitàbiometano e, in prospettiva, idrogeno. D’altra parte, le aziende stanno verificando che lo sviluppo della nuova normativa richiede alle produzioni di soddisfare criteri ambientali sempre più rilevanti, pensiamo, ad esempio, ai materiali che acquistiamo tramite Consip nelle Università.

Di fatto, lo sviluppo di questa normativa – come quella più recente sulle case green – determina un mercato in cui si riconosce un market premium ai prodotti ambientalmente sostenibili. Le imprese pioniere, che si muoveranno per prime, avranno sicuramente vantaggi duraturi.

Quali strategie possono adottare i cittadini per contribuire alla sostenibilità energetica e ambientale?

Negli ultimi tre anni, la normativa comunitaria ha portato a un profondo cambiamento di paradigma nel mercato energetico. Il consumatore è oggi un soggetto prosumer grazie a un nuovo quadro regolamentare che consente ai cittadini o alle comunità pubbliche di svolgere un ruolo attivo sul mercato producendo autonomamente l’energia consumata. In italia, per esempio, osserviamo il forte sviluppo di aggregazioni di cittadini in comunità energetiche locali che investono in impianti di produzione rinnovabile e sviluppano, in alcuni casi, anche importanti progetti di efficientamento congiunto. È importante, però, che i cittadini, sottoposti a un’accelerazione del processo di liberalizzazione del mercato, non siano lasciati soli. È necessario che vi siano sempre enti pubblici e regolatori in grado di fornire supporto per garantire scelte informate ed efficienti.

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