Unifi ha partecipato a un nuovo studio sui mutamenti nella flora e fauna marine avvenuti circa 5,5 milioni di anni fa, dopo una crisi ecologica nel Mar Mediterraneo.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science in un articolo intitolato “The marine biodiversity impact of the Late Miocene Mediterranean salinity crisis” (“L’impatto sulla biodiversità marina della crisi di salinità del Mediterraneo del tardo Miocene” – DOI: 10.1126/science.adp3703). Condotta da un team internazionale coordinato dall’Università di Vienna, l’indagine è riuscita a quantificare la perdita di biodiversità nel Mediterraneo causata della Crisi di Salinità Messiniana e il successivo recupero biotico.
“Per crisi messiniana – spiega Stefano Dominici, responsabile del Museo di Storia Naturale – La Pira, appartenente al Sistema Museale d’Ateneo – intendiamo il grande sconvolgimento causato dalla chiusura dello stretto di Gibilterra. Iniziata quasi 6 milioni di anni fa, provocò un abbassamento del livello delle acque fino al disseccamento quasi completo circa 300mila anni dopo, con deposizione di strati di sali (gesso, anidrite, salgemma) spessi fino a 3 chilometri. Lo stretto si riaprì in maniera consistente solo 5.3 milioni di anni fa. Le acque ritornarono, ripopolando il bacino di organismi importati dall’Atlantico”.
“Il nostro studio – prosegue – analizza la natura degli organismi prima e dopo la Crisi di Salinità Messiniana. Analizzando la documentazione raccolta in decenni di ricerca da esperti mondiali sui ‘giganti di gesso’, abbiamo scoperto che la fauna era già in crisi prima del disseccamento, ma che la diversità é presto tornata a livelli alti dopo il ritorno delle comunicazioni con l’Atlantico. L’importanza del lavoro – aggiunge – risiede nelle ipotesi che abbiamo formulato per spiegare la natura dei dati e, soprattutto, dalla pubblicazione dei dati stessi, che forniranno a chiunque voglia analizzarli in futuro una solida base di partenza per ulteriori scoperte”.
Dominici è tra i 29 ricercatori europei che hanno contribuito alla ricerca, guidati da Konstantina Agiadi dell’Università di Vienna e scelti per le loro competenze sui vari gruppi di organismi oggetto dello studio. Lo scienziato fiorentino si è occupato di molluschi, principalmente bivalvi e gasteropodi. Si tratta del gruppo in assoluto più rappresentato nell’insieme di fossili diagnostici analizzati dalla ricerca: 9500 sui 23mila dati raccolti riguardano conchiglie di bivalvi e gasteropodi.
“Firenze rappresenta un polo d’eccellenza negli studi sui fossili – conclude Dominici –. Il Museo di Storia Naturale possiede la più grande collezione di fossili in Italia e tra le più rilevanti al mondo”.