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In aula “mi sembra di viaggiare ogni volta tra le mille sfumature che l’Amazigh custodisce”

“Quando sono in aula e faccio lezione, mi sembra di viaggiare ogni volta tra le mille sfumature che l’Amazigh custodisce. Partendo dalla grammatica, prendo per mano i miei studenti e assieme entriamo nel vivo della mia cultura, quella marocchina”. Esordisce così Karima Arkhaoui, collaboratrice ed esperta linguistica di Lingua Berbera all’Orientale, che ad Ateneapoli ha raccontato del proprio percorso accademico e delle caratteristiche dell’idioma che insegna.

Originaria della città di Tiznit, a sud di Agadir, si è laureata in Marocco in Storia con specializzazione in Geografia, “ho insegnato alle scuole medie e poi, dopo essermi sposata, sono arrivata a Napoli nel 2008. Ho frequentato tanti corsi di lingua italiana per iscrivermi poi all’Orientale alla Magistrale in Scienze, Lingue, Culture e Storie del Mediterraneo e dei Paesi islamici”.

E proprio nell’Ateneo fondato da Matteo Ripa ha firmato il suo primo contratto da lettrice nel 2020, anche se aveva già all’attivo diversi seminari realizzati assieme alla prof.ssa Anna Maria Di Tolla. E l’insegnamento è sempre stato il suo obiettivo: “mi piace tanto, perché mi permette di stare a contatto con gli studenti e di trasmettere la mia cultura e la mia lingua, che mi mancano molto”.

Già, il berbero. Che ha un alfabeto antico chiamato Tifinagh, ed è “parlato in tutta l’Africa del Nord – Marocco, Libia, Tunisia, Algeria, Egitto, Isole Canarie, Mauritania, in una parte del Mali, del Niger e del Burkina Faso”. A quanto pare, la parola in sé, berbero, deriva dal francese: “indica il barbaro, colui che non parla la lingua autoctona. In sostanza lo straniero”.

Ed è proprio per questo che non è la definizione più corretta: “a noi piace tanto parlare di Lingua Amazigh, perché vuol dire persona libera. Tant’è che gli studi che conduciamo qui all’Orientale, così come il Centro dedicato, hanno assunto questa denominazione”. E per capire la profondità di un idioma (e di una cultura millenaria) che ha assorbito e continua ad assorbire tante influenze, basta guardare al fatto che solo in Marocco, dov’è lingua ufficiale accanto all’arabo dal 2011, ne esistono ben tre varianti: il Tamazight, il Tachelhit e il Tarifit.

“Arabo e Amazigh sono diverse ma hanno effetto l’una sull’altra, data la lunghissima convivenza. Inoltre, il dialetto marocchino è molto particolare perché contiene l’Amazigh e l’arabo naturalmente, ma in parte anche il francese e lo spagnolo – una ricchezza assoluta, come tutte le altre varianti”.

Ad ogni modo si tratta di una lingua che ha determinate caratteristiche: “sicuramente è una lingua diversa dall’italiano, la fonetica è completamente diversa, gli studenti la imparano con il tempo, facendo tanta conversazione e leggendo i testi, così come tramite l’ascolto. E quest’ultimo lo ritengo la metà del tutto, perché aiuta ad abituarsi ai suoni che bisogna imparare a produrre. Ci vuole tempo”.

Ma le soddisfazioni non mancano: “alcune studentesse sono state nella mia città di origine e al ritorno mi hanno raccontato la propria esperienza e registrato messaggi audio in amazigh. È bello che la propria lingua venga studiata con interesse da altri”. Infine, sui berberi ha spiegato: “siamo autoctoni, abbiamo le nostre feste, che tuttavia con il tempo sono diventate anche dei marocchini. Il nostro Capodanno, quello del 14 gennaio, è ormai una festa ufficiale. Siamo una comunità, ma rappresentiamo tutto il Paese. Non ci sono differenze”.
Claudio Tranchino

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Ateneapoli – n.19-20 – 2025 – Pagina 41

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