Sempre più persone vanno a vivere nelle città. Stime delle Nazioni Unite prevedono che 7 miliardi di persone vivranno nelle città nel 2050. Molte di queste città saranno “smart city”, dove tecnologie avanzate, dati e infrastrutture intelligenti lavorano insieme per migliorare la qualità della vita.
Tuttavia, dietro la complessità di questi ecosistemi urbani si cela una scienza cruciale: la scienza delle reti. Questo campo interdisciplinare, che studia l’interconnessione tra diversi nodi e i loro flussi, sta diventando indispensabile per comprendere, gestire e ottimizzare le città del futuro.
Ogni smart city si basa su una rete di reti: infrastrutture di trasporto, energia, comunicazioni, gestione delle acque e persino social network digitali. Queste reti sono interconnesse, formando un complesso sistema in cui il malfunzionamento di una può influenzare tutte le altre.
Ad esempio, la rete elettrica alimenta i semafori (rete di trasporto), i server dei dati (rete di comunicazione) e i sensori delle condutture idriche (rete idrica). La scienza delle reti offre strumenti matematici e computazionali per modellare queste interdipendenze, identificare le vulnerabilità e progettare città più resilienti.
Attraverso analisi come lo studio del grado (che misura il numero di connessioni di un nodo) e lo studio delle reti multilivello, è possibile individuare punti critici che, se falliscono, possono causare effetti a cascata.
Il gruppo di ricerca formato da Guido Caldarelli, professore al Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi di Ca’ Foscari e direttore dell’Istituto dei Sistemi Complessi del Cnr, e Jacopo Moi, dottorando a Ca’ Foscari in Scienza e tecnologia dei bio e nanomateriali, con i loro coautori Leonardo Chiesi, Gherardo Chirici, Bianca Galmarini, Stefano Mancuso dell’università di Firenze e con Manlio di Domenico dell’Università di Padova presentano in un articolo pubblicato su Nature Cities un’analisi di questi problemi e delle possibili soluzioni.
Prendiamo un esempio concreto per illustrare il problema. Immaginiamo una smart city in cui la rete elettrica subisce un blackout improvviso a causa di un guasto in una sottostazione centrale. A prima vista, potrebbe sembrare un problema confinato all’elettricità. Ma in una smart city, le conseguenze si amplificano rapidamente: nelle reti di trasporto i semafori smettono di funzionare, causando ingorghi e aumentando il rischio di incidenti.
I trasporti pubblici come metro e autobus, spesso alimentati elettricamente, si fermano, creando caos per i pendolari. Nelle reti di comunicazione, i server che gestiscono le app di navigazione in tempo reale vanno offline, rendendo impossibile per i cittadini pianificare percorsi alternativi. Anche i sistemi di emergenza potrebbero avere ritardi nell’invio di squadre di soccorso. Nella rete idrica: se le pompe idriche funzionano con l’elettricità, la distribuzione dell’acqua potrebbe interrompersi, lasciando migliaia di case senza approvvigionamento. Infine ospedali e scuole, se privi di generatori di emergenza adeguati, potrebbero subire interruzioni delle attività critiche.
Questo effetto domino sottolinea l’importanza di una visione sistemica delle reti urbane. I ricercatori di rete utilizzano modelli multilivello per simulare questi scenari, identificando i punti deboli e suggerendo interventi mirati.